Leggo e rileggo i loro profili, e non ho mai capito come persone normali pensino che incarnare un modello preconfezionato di identità, possa fare di loro delle persone attraenti e vincenti.
Mi chiedo in che modo si parli di modello vincente, quando ad esempio tra gli uomini alfa uno dei compiti principali sia quello di “distruggere la sicurezza delle donne”, mentre tra le regole sembra che le donne debbano essere da loro trattate con rispetto. Controsenso? Chissà…
Mi sembra una sorta di guerra a chi è il più forte, senza comprendere che entrambi i sessi, con i loro rispettivi ruoli, sono indispensabili su tutti i fronti: affettivo, emozionale, sessuale, intellettivo.
Per intenderci, un uomo alfa è: sicuro di sé, affascinante, intelligente, ambizioso, legato al lavoro, seducente all’ennesima potenza, corteggia poco e niente, non sta dietro alle lamentele delle donne.
Di contro, l’uomo beta è quello che un tempo era definito come principe azzurro, dedito alle donne, servizievole, quello insomma che oggi definiremmo “zerbino”.
La donna alfa è: quella sicurissima di sé, legata alla carriera, alla propria autonomia, alla ricerca del piacere in ogni sua forma.
Di contro, la donna beta è: paziente, umile, con valori morali, mostra apertamente le proprie debolezze.
Io, da povera donna beta quale risulterei (ma il beneficio del dubbio deve rimanere), propendo sempre per la firma personalissima, unica ed individuale che ogni persona porta dentro di sé.
Ad esempio non sceglierei per molti aspetti un uomo alfa, e per altri un uomo beta.
Ma trovo estremamente interessanti gli uomini che presentano un insieme ben assortito dell’uno e dell’altro profilo, e soprattutto che sanno essere se stessi.
Roba alquanto complicata questa, mi rendo conto, sia per gli uomini che per le donne.
Perché presuppone un ottimo contatto con se stessi, buona dose di consapevolezza, recite nulle, e il sapere chiaro di chi si è, più che il “cosa si vuole”, che si costruisce e comprende strada facendo, e che nel tempo può mutare.
Non so perché in questa epoca si senta così forte il bisogno di essere vincenti, e di solito lo si cerca di fare seguendo regole da gregge.
Sembra quasi che avere una vita ed una personalità normali e con poche pretese, sia un difetto da nascondere.
Esistiamo una infinità di anime in questo mondo, con sfumature infinite di sentimenti, emozioni e gusti.
Mi chiedo quindi come potremmo farci piacere uno o due modelli di uomo e donna, anziché essere attratti da una originale unicità personale, capace di presentare un ventaglio vasto del proprio modo d’essere.
Non guardo lontano, parto da me. Io che ad esempio non amo gli uomini troppo smielati, né quelli zerbino, ma che apprezzo quelli di parola, di fatti e capaci di grandi sentimenti.
Io che ad esempio sono semplice e delicata, affettuosa e dolce, ma che se mi arrabbio divento indigesta e ingestibile. Insomma, accarezzo e graffio, dipende dalle circostanze.
Quello che voglio dire, è che il vero fascino secondo me sta nell’ accettazione delle nostre umane e infinite contraddizioni. Nell’apprezzare e accogliere di noi stessi, il sole e le zone d’ombra al tempo stesso.
Timida, eppure decisa. Sexy, eppure fedele.
Tenero, eppure in gamba. Fantasioso, eppure concreto.
La lista potrebbe continuare all’inifinito.
Forse il segreto è autodefinirsi e autoincasellarsi il meno possibile in clichè rigidi, dove da secoli descriviamo noi stessi, fissandoci in un’idea poco evolutiva del nostro essere.
Dovremmo lasciare maggiore spazio a tutte quelle sfaccettature di noi stessi che ci rendono unicamente attraenti e naturalmente diversi agli occhi altrui.
“In media stat visrtus”, dicevano i latini. (La virtù sta nel mezzo)
Né alfa, né beta.
Ma nel contempo un po’ alfa e un po’ beta.
E perché no? Anche gamma, zeta, kappa, x, omega, e tutto il resto…
-Patrizia Perotti-