Il dolore nell’anima delle patologie autoimmuni. Quel dolore che nessuno comprende

Viviamo in un mondo in cui sei un “poveretto” solo se hai delle patologie riconosciute. Susciti tenerezza, conforto e comprensione solo quando le tue condizioni di salute sono gravi e ti vedono grigio in faccia.
Chi soffre di patologie autoimmuni, sta già abbozzando mezzo sorriso amaro, perché ha capito di cosa sto per parlare: l’indifferenza e l’analfabetismo verso queste malattie, anche da parte dei medici stessi, di cui si parla poco e niente.
La scienza brancola nel buio, e si limita a dire che servono in caso antinfiammatori, antidepressivi e ansiolitici, omettendo che queste cure sono assai compromettenti per il cuore e affatto risolutive.
Lo Stato, d’altro canto, ti reputa una forza lavoro, senza capire nemmeno da lontano i dolori fisici e psicologici che si è costretti a sopportare 24 ore su 24.
Ogni patologia autoimmune nasce da una profonda depressione mascherata. È la peggiore tra le depressioni, poiché nessuno, e dico nessuno(comprendendo anche la persona in questione che ne soffre), si accorge di questa depressione.
Per la maggiore si tratta di persone forti, con un temperamento deciso, che all’apparenza sanno il fatto loro. Sono persone che donano spesso il sorriso agli altri, che hanno imparato a sorreggere il prossimo, ad essere il bastone di qualcuno. Sono persone che hanno le ginocchia piene di lividi, perché la vita tante volte le ha messe in ginocchio, ma sono riuscite a rialzarsi.
Tutto fantastico, tanti complimenti.
Se non fosse che queste persone hanno reagito sempre con tanta forza (troppa) perché non avevano altra scelta. Sono persone fondamentalmente sole, o comunque dentro se’ così si sentono, senza reali appoggi affettivi, o economici, sociali. Sono persone abituate a prendersi cura degli altri, iper responsabilizzati, spesso hanno alle spalle genitori inesistenti o immaturi. Hanno imparato a fare da sé, e questo è stato per loro anche fonte di gratificazione, ma in quell’angolo nascosto, dove nessun occhio vede, quella persona giaceva rannicchiata piangendo lacrime che nessuno avrebbe mai asciugato. E lui/lei questo lo sa. Sa che nessuno sarebbe accorso.
Quindi forza e coraggio, ce la faremo anche stavolta.
Ma non è mai così però.
Ed ecco che ad un certo punto il corpo parla per queste persone, parla per te: inizia a ribellarsi, a dire no, a urlare come se qualcuno gli stesse tappando la bocca. Ecco che ad un certo punto il corpo si ammala. Perché accade?
Perché ami far stare bene le persone, ma chi ama far stare bene te?
Ami prenderti cura degli altri, ma chi ama prendersi cura di te?
Ami guardare la vita dal lato del sole, ma quando la vita è stata sole per te?
In realtà, nulla o quasi è andato come desideravi. E non te lo sei voluto dire.
Tutto quello che amavi, ti ha deluso.
L’amarezza ha iniziato a scorrerti nelle vene, senza che nemmeno te ne accorgessi, e in bocca hai iniziato ad avere spesso un inspiegabile gusto amaro. Il tuo corpo ha iniziato a somatizzare ogni cosa non fosse buona per la tua vita: il lavoro che sei stato costretto a fare, ma che detestavi; i familiari che non ti hanno mai amato, ma che sopporti per tuo affetto; quegli amici che non sono stati veri, ma che hai tenuto per non sentirti troppo solo; quella storia che ti ha reso infelice, ma era l’unica che potevi permetterti; tutto quello che avevi e che magari hai perso; tutto quello che non hai mai avuto, e che sai non potrai mai avere.
Nel tuo corpo, nei tuoi organi, nel tuo sangue, c’è scritto tutto quello che sei stato, che hai sopportato, che hai subíto. E il corpo parla al posto tuo.
Iniziano così i pellegrinaggi dai medici, le cure senza successo, i punti interrogativi che non trovano risposta, e la conseguente frustrazione che si aggiunge alla precedente già esistente.
È andata male anche questa, ma continui a sorridere. È la tua natura. Smorzi la cosa, dici che domani è un altro giorno, vuoi farcela. D’altronde sei un eroe d’altri tempi: un Achille valoroso, o una Giovanna D’Arco coraggiosa, nessuno può negarlo. Se non fosse a lui bastava un pizzicotto sul tallone per stenderlo a terra, e che un “donnone” come lei soffriva di epilessia.

Se siamo così tanti in questo mondo, vuol dire che ognuno di noi ha diritto a mostrare la propria fragilità, e ad essere sostenuto e contenuto. Dovrebbe essere sempre un atteggiamento reciproco, tra persone della stessa famiglia, della stessa cerchia di amici, e così via.
Ma spesso vengono chiamate a fare da pilastro sempre le stesse persone, a discapito della loro resistenza umana, senza un giusto ed equilibrato scambio di ruoli. In parole povere, è sempre uno quello che deve stare in piedi, ed è sempre l’altro quello che si accascia.
Allora quale è la soluzione? Come se ne esce?
“Ad oggi non ci sono cure” – risponde la scienza. E se ne lava le mani.
Io, nella mia ignoranza, ti dico: Devi ricominciare da te.
1) Inizia col dirti tutta la verità sulla tua vita e su chi ti circonda.
Purtroppo sei stato sfortunato. Guarda una per una le persone della tua vita, esattamente per quelle che sono, senza sconti. Renditi conto che non puoi sprizzare gioia e allegria con un bagaglio di vita simile. È normale che tu sia triste e avvilito. È normale che tu abbia paura di tutto, e l’ansia “ingiustificata” ti divori. È umano. È giusto. È tutto ok.
2) Cura il tuo corpo.
Fallo attraverso una corretta alimentazione. Usa le creme che ti piacciono, fai danza, yoga, quello che ti fa stare bene. Coccolati più che puoi. Necessiti di tanto amore e affetto, e hai capito ormai che puoi dartelo solo e principalmente tu. Ringrazia il tuo corpo perché ha dovuto sopportare di andarti contro, pur di salvare la tua anima. Ha urlato contro te stesso per svegliarti, per dirti che quel copione andava chiuso.
3) Hai bisogno di tempo per te. Più di ogni altra persona. Goditi il silenzio, il rumore del mare, la compagnia di un buon libro. Se soffri di queste patologie, non sei come tutti gli altri. Hai gusti particolari, esigenze a volte fuori dagli schemi. Ricordati: va bene così. Abbandona l’idea che gli altri debbano capire, non accadrà mai. Vivi le tue “stranezze”, amandole.
4) Se è nelle tue corde, se puoi permettertelo, intraprendi un percorso spirituale, o un percorso terapeutico, con l’intento di una vera e profonda accettazione di te stesso. Se non puoi, guarda film che ti piacciono, ascolta la tua musica preferita, fai ginnastica dolce, medita, prega. Ma non strafare mai in nulla. La parola d’ordine è: con misura.
5) Sorridi, accetta, dì di si, solo se effettivamente lo senti, lo vuoi. Altrimenti impara a dire no, e spiega con educazione ma risolutezza, il perché. Solo chi tiene veramente a te, ti amerà e ti vorrà così e come sei.
6) Accontentati di avere di meno, ma non accettare lavori che non sono nelle tue corde. E così anche per le relazioni. Le cose giuste arriveranno quando davvero sarai pronto.
7) Ricomincia a sognare, a desiderare.
Non importa la tua età. Coltiva i tuoi sogni. Cerca di renderli possibili. E se sono troppo ambiziosi e impossibili, abbassa l’asticella con qualcosa che desideri, ma attualmente più alla tua portata. Dovremmo dirglielo al Genio della lampada: tre desideri sono troppo pochi! Quindi sfoglia il tuo album e coltiva la speranza vera.
8) Fai solo quello che senti TU. Hai voglia di stare a poltrire tutto il giorno? Vuol dire che ne hai bisogno.
Fidati del tuo istinto, non metterlo mai a tacere per piacere agli altri. Tu sei la migliore bussola per te stesso. Tu solo puoi sapere quando hai fame, sete, caldo, freddo; e così è con tutte le cose della tua vita. Tu solo puoi davvero sapere cosa è meglio per te, sebbene spesso potresti essere controcorrente. Ebbene, fregatene.
8) Ecco: fregartene. È una delle cose che ti risulta più difficile. Ma è un esercizio importantissimo che devi eseguire ogni giorno e più volte al giorno: ti stanno giudicando? Fregatene.
Credi in qualcosa ma nessuno ti capisce? Fregatene.
Pensano di te cose poco piacevoli? Fregatene.
Impara a non voler essere perfetto né con te stesso, né tantomeno con gli altri.
Non rimuginarci sopra: f r e g a t e n e!

Sarà una passeggiata? No.
Sarà facile? No.
Sarà veloce? No.

Sarà un lungo percorso. Sarà difficile.
Piangerai molto. Soffrirai.

Le patologie autoimmuni non so se scompariranno, e probabilmente non lo faranno. Ma avrai cambiato cose veramente significative in te, che ti doneranno una vita sicuramente migliore.

E adesso prendiamo per le manine lo Stato, alcuni medici, e tutta quella gente che ignora quanta fatica costi a volte anche lavare due stoviglie del giorno prima, o quanto sia devastante avere a che fare con la depressione non riconosciuta o mascherata, che ti spezza le gambe contro qualunque iniziativa. Prendiamoli tutti per le manine e mettiamoli a fare giro giro tondo. Chissà se messi tutti in cerchio, uno di fronte all’altro, non si sentano finalmente un po’ stupidi, messi lì come salami, invece di giudicare “leggere” queste patologie, senza piuttosto provare almeno a comprenderne il significato ed empaticamente a sentirne il peso.
Sappiate che chi soffre di queste patologie, ha un’anima delicata, che mal sopporta il frastuono dell’ovvio, della superficialità e del pensiero di massa.
Proprio per questo conviene sottovalutare queste persone: se si svegliassero comprendendo la preziosità del loro vero valore e del loro vero essere, potrebbero cambiare il mondo? Io dico di si.

-Patrizia Perotti-

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